APERTURA SALA RELAX

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Due ragazzi salgono una scaletta, il cortile dello scientifico è irriconoscibile per via di tutte le persone presenti. Gli studenti si accorgono delle due figure che si apprestano a parlare ma soffocano ogni iniziativa di discorso con il loro giubilo.

“Dopo 5 anni siamo riusciti ad aprire i locali del bar come spazio per noi alunni”.                                                                                                                    

   Urla e cori non lasciano finire la frase mentre un battito di mani complessivo scandisce il sentimento di ogni ragazzo.

“Ringraziamo tutti quanti voi, la preside, i collaboratori e tutti coloro che ci hanno permesso di vedere finito un progetto che per noi significa tanto” continuano le due figure tra il brusio generale.                                                                                                                                                                                                                      

  “Non perdiamo tempo ed entriamo”, la preside taglia l’ultimo ostacolo simbolico che separa la realtà dal sogno: un nastro. Ma di quale sogno stiamo parlando? È veramente possibile che una persona sogni così tanto di aprire uno spazio dedicato agli studenti?

La storia dei locali del bar è travagliata, avrei potuto raccontarvela come una qualsiasi promessa elettorale non mantenuta fino a una settimana fa; sono in questo liceo da cinque anni e di poche cose ero sicuro quando iniziavo il mio anno scolastico, ma che qualcuno cercasse di sfruttare l’argomento a fine propagandistico, di quello ero certo. È interessante notare come certi meccanismi ci siano già in età adolescenziale.

Politica è una parola strana; ne cerchi il significato per tutta la vita senza mai arrivare a una conclusione certa. Eppure, mentre salivo quelle scale mi sembrava di comprendere il suo significato perfettamente.

Questo progetto è stato solo un mezzo, un mediatore tra un sentimento presente dentro ad ognuno degli studenti e la scuola: per la prima volta sentivamo di appartenere al liceo, di essere riusciti a cambiare una realtà che volevamo migliorare. Mi ripetevo che quello che avevamo fatto era politica.

La parte più stimolante di questa storia non risponde alla domanda “Perché” ma a “Come”, dato che sono fiducioso nel fatto che qualcun altro, accorgendosi della facilità con cui è stato realizzato un nostro sogno, possa sentirsi ispirato.

È estate e due ragazzi stanno parlando con la preside: hanno in mente tanti progetti e vedono nella scuola il mezzo perfetto per renderli realtà, è il loro quinto anno. L’argomento spunta senza nessuna pretesa, solo per curiosità: una sola domanda è stata la parte più complessa di un’impresa che sembrava impossibile; sembra complicato a credersi ma dopo quel quesito è bastato nulla: una giornata a rimuovere qualche cosa abbandonata nel tempo, una colletta organizzata dai ragazzi per un calcetto, una dozzina di palloncini e tanta buona volontà. 
Le ricette per il cambiamento sono spesso più semplici di quanto pensiamo. Per questa piccola, ma personalmente significativa rivoluzione, è bastato un pizzico di fatica e tanti sognatori uniti in un progetto comune.                                                                                                                                                                                                          

  “Questo è il primo passo, la scuola è di tutti noi e ciò che abbiamo fatto ci porterà lontano. Per la prima volta vediamo che la nostra voce può essere ascoltata e questo è il risultato: un locale dove far parte dello scientifico insieme. Non sarà facile, ci vorrà impegno e unione ma d’altronde è così che funziona la politica” non lo disse nessuno esplicitamente, ma tutti lo pensavano.

Gli insegnamenti dei grandi personaggi della storia si vedono anche nelle piccole cose e un grande insegnante una volta disse: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Marcello Vigneto VG